Un bilancio con la legge di bilancio, lettera 8
Il governo Meloni ha da poco compiuto un anno e il suo regalo è una legge di bilancio con 14 miliardi di deficit e riforme fiscali che valgono solo per il prossimo anno. Le promesse di riforme strutturali sembrano ormai un lontano ricordo da campagna elettorale, mentre il governo naviga a vista ingigantendo i suoi, scarsi, risultati.
Il 16 ottobre, il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di bilancio, arrivato in senato il 31 ottobre con un ritardo di 11 giorni. Ora ci sarà l’esame parlamentare del disegno di legge, i parlamentari di destra per ora non hanno presentato emendamenti. Meloni stessa aveva chiesto ai suoi alleati di non presentare emendamenti per fare in modo che la legge avesse un iter più sbrigativo possibile. Invece, la maggioranza si era divisa in fase preliminare (quella delle bozze della legge di bilancio) spesso presentando proposte durante la notte per poi essere ritirate la mattina. Questa situazione è arrivata al culmine nei giorni scorsi con Salvini che il 27 ottobre diceva: “Abbiamo chiuso la legge di bilancio” mentre Tajani, poche ore dopo, affermava: “Non l'abbiamo ancora chiusa, spero si possa fare al più presto.”
Siamo pur sempre una democrazia parlamentare
Già qui potremmo aprire un’enorme discussione sullo stato della nostra democrazia parlamentare, in cui il parlamento eletto da noi cittadini è sempre più indebolito e silenziato. Che a farlo sia la stessa Giorgia Meloni, che in passato aveva criticato l'eccessivo uso di decreti legge e voti di fiducia durante i governi di Draghi e Conte II, dimostra come questo problema un aspetto ormai sistemico della nostra repubblica.
Il governo Meloni l’ha però portato alla sua massima espressione, ottenendo ben 36 voti di fiducia, di cui gli ultimi due (su decreto legge Caivano e decreto legge sud) lo stesso giorno, venerdì 27 ottobre. Inoltre, è stato emesso un totale di 46 decreti legge in un solo anno, rappresentando più della metà delle leggi entrate in vigore nell'anno corrente. Spesso votati con la fiducia e spesso presentati in versione "omnibus", ovvero decreti legge in cui si accorpa un po' di tutto. Ad esempio, il decreto asset andava dal granchio blu ai taxisti, passando per gli stipendi dei manager della società che si occuperà del ponte sullo stretto. Ben 11 decreti legge su 46 erano di questo tipo, in un modo di fare decreti legge in netto contrasto con la legge che li regola, la 400 del 1988, che spiega come il contenuto dei decreti legge debba essere “specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”.
Come va con l’ambizioso programma di riforme?
La legge di bilancio in formato anniversario arriva con un timing diabolicamente perfetto per ricordarci le aspettative o preoccupazioni con cui il governo si insediava un anno fa.
Dopo aver vinto una campagna elettorale estiva, in cui il Partito Democratico, principale sfidante di Fratelli d’Italia, si era sgonfiato sotto il sole e il fronte progressista si era presentato diviso, in una classica situazione in cui piccoli malumori causano grandi problemi, Giorgia Meloni si era vista arrivare nelle aule una quasi maxi-maggioranza. La maggioranza dei ⅔ con cui Meloni e alleati avrebbero potuto modificare la costituzione a piacimento è mancata grazie all’exploit del Movimento 5 stelle al sud che ha riaperto la partita in diversi seggi proporzionali e uninominali. Potremmo parlare ore e giorni di tutte le cose che si sarebbero potute fare diversamente durante quell’estate, a partire da una legge elettorale discutibile, che ha conti fatti a quasi concesso una maggioranza bulgara a una coalizione che ha preso meno voti delle opposizioni.
Fatto sta che, dopo la vittoria del 25 settembre, il governo Meloni è diventato realtà e con il suo insediamento il 22 ottobre Giorgia Meloni è ufficialmente la prima presidente donna, pardon, il primo presidente donna. Infatti, il miglior modo per iniziare un percorso di riforme è: non iniziare. Quindi, pronti, via, primo mese e doppia distrazione carpiata, con che articolo bisogna chiamare la presidente Giorgia Meloni? E subito dopo la guerra ai free party, anche detti rave, e conseguente primo Decreto Legge omnibus, dal covid ai rave party, passando per l’ergastolo ostativo. Chi ben comincia…
Flashforward a oggi, le candeline? Ci sono, i decreti legge omnibus? Ci sono, le auto polemiche sulla vita di Giorgia Meloni? Ci sono, la prima legge di bilancio tutta del governo? C’è, solo non si vedono le riforme strutturali.
Nota a margine: A pagella politica hanno sviluppato un ottimo sistema per calcolare il differenziale promesse mantenute e promesse non mantenute del governo Meloni: il promessometro.
Ma quindi cosa c’è?
Quelle che Meloni e Giorgetti hanno presentato come riforme strutturali sono sostanzialmente 3.
La prima, l’avevamo discussa a suo tempo quando Meloni il primo maggio aveva deciso di presentare il decreto lavoro, ennesimo decreto legge votato con fiducia il 27 giugno, ma perlomeno non omnibus. Il decreto aveva come “novità” principale un taglio provvisorio del cuneo fiscale del 7% per i redditi sotto i 25mila euro e del 6% per i redditi tra 25mila e 35mila euro. Avevamo parlato nella lettera 2 dei falsi proclami di Meloni & co. su quanto fosse il più grande taglio del cuneo fiscale di sempre e su come, già a maggio, era chiaro che il governo avesse poche idee innovative per cambiare effettivamente le cose e alzare i salari. In questa legge di bilancio il governo usa 10 miliardi sui 24 miliardi della legge, di cui 14 miliardi finanziati con nuovo debito pubblico, per finanziare per un solo anno. Questa soluzione è ben lontana dalla strutturalità promessa, poiché tra un anno toccherà trovare altri 10 miliardi per permettere un prolungamento del taglio.
La seconda, che dovrebbe essere il primo passo per una riforma del fisco, quella in cui Meloni vuole un “fisco amico” e “fisco non vessatorio” che, considerato le uscite sul pizzo di stato, ci ricorda la paura che la roccia Meloni ha della goccia fisco. Il primo passo è quindi l’accorpamento delle prime due aliquote IRPEF, dove, chi dichiara tra i 15mila ei 28mila ed era nel secondo scaglione non pagherà più il 25% di tasse per i redditi sopra i 15mila, ma pagherà la stessa aliquota di chi si trova nel primo scaglione, ovvero sotto i 15mila, ossia il 23%. Questa misura, valida anch’essa per il solo 2024, è praticamente una mini riforma fiscale con scadenza dal costo di 4,1 miliardi, anche qui di strutturalità ce n’è ben poca.
E infine, il capitolo natalità. La terza colonna di questa legge di bilancio, contiene diversi piccoli provvedimenti con obiettivo l’incremento della natalità. L’asilo nido per il secondo figlio sarà gratis, anche se non sarà davvero gratis, ma piuttosto chi lo richiede avrà un bonus nido, che passa a 3600 euro per i nuclei familiari sotto i 40mila euro. Cifra che, secondo il governo, dovrebbe garantire la gratuità essendo la media delle rette dei nidi pubblici e paritari attorno ai 2600 euro. Ci sono due ma, il primo è che le rette variano da città a città e nelle grandi città le rette si alzano parecchio. A Roma la media di una retta è 3500 euro, e nell’8% dei casi, la retta è superiore al bonus nido. Il secondo ma è che nella fascia 0-2 anni c’è posto per 1 bimbo su 4 e il 57% dei comuni non hanno strutture per ospitare i bambini. Altra misura ideata per contrastare la denatalità è la detassazione dei contributi per le donne con almeno due figli valida fino a che il figlio più piccolo non abbia compiuto dieci anni, e per le donne con almeno tre figli valida fino a che il più piccolo non diventi maggiorenne. Il bonus nido avrà un valore tra i 150 e i 180 milioni di euro, mentre la detassazione pesa sulla manovra per 1 miliardo e anche in questo caso le riforme sono state stanziate solo per il 2024.
Altri aspetti cruciali della legge di bilancio
Il Post ha suddiviso in 15 punti questa legge di bilancio, credo siano estremamente utili per avere una panoramica generale di quello che c’è dentro. Qui vi lascio quelli che non tratterò direttamente in questa newsletter:
Provvedimento | Descrizione | |
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1 | Deduzioni per le assunzioni | - Deduzione al 120% per assunzioni a tempo indeterminato. - Deduzione al 130% per assunzioni di donne con figli, lavoratori con meno di 30 anni, percettori del reddito di cittadinanza e persone con disabilità. - Accorpamento delle agevolazioni per le assunzioni di donne e giovani. |
2 | Fondi per la sanità | - Stanziati 3 miliardi di euro per ridurre i tempi di attesa delle visite e degli esami. - Rinnovati i contratti del personale sanitario con detassazione degli straordinari e premi di risultato legati alla riduzione dei tempi di attesa. |
3 | Congedo parentale ampliato | - Aggiunto un ulteriore mese di congedo parentale retribuito al 60%, utilizzabile fino ai 6 anni di vita del bambino. - Restano confermati gli altri mesi di congedo con indennità al 30% e all'80%. |
4 | IVA per i prodotti della prima infanzia | - Non confermato il taglio sull'IVA a causa dell'inefficacia dovuta agli aumenti dei prezzi. |
5 | Riduzione del canone RAI | - Il canone RAI in bolletta passerà da 90 a 70 euro all'anno. Ma tranquilli, i soldi verranno presi dalla fiscalità generale, cambia solo da dove arrivano i nostri soldi. |
6 | Detassazione dei fringe benefit | - Detassazione fino a 2.000 euro per lavoratori con figli. - Detassazione fino a 1.000 euro per lavoratori senza figli. |
7 | Rinnovo dei contratti delle forze dell'ordine | - Priorità al rinnovo del contratto delle forze dell'ordine. - Rinnovo dei contratti nella pubblica amministrazione e assunzioni di medici e infermieri con una spesa di 2,5 miliardi di euro. |
8 | Rivalutazione delle pensioni | - Rivalutazione automatica delle pensioni in base all'inflazione con ritardo di un anno. - Pensioni fino a 2.100 euro avranno una rivalutazione del 100%. - Altri scaglioni di rivalutazione fino a un totale di 14 miliardi di euro. |
9 | Agevolazione fiscale per aziende rientranti in Italia | - Le aziende che ritornano in Italia pagheranno il 50% in meno di tasse. |
10 | Pagamento dell'anticipo dell'IRPEF | - Autonomi e professionisti potranno scegliere di pagare l'anticipo dell'IRPEF a novembre o in cinque rate. - Il limite di volume d'affari è di 170mila euro l'anno. |
Il capitolo pensioni
Tra le varie promesse rimangiate ce n’è una che pesa più di tutte e ha causato più di qualche malumore tra la Lega e… la Lega?!
Ovviamente si parla di pensioni, negli ultimi anni la politica italiana ha magheggiato col pensionamento anticipato cercando di rendere meno shockante il passaggio alla legge Fornero. Infatti, causa crisi del 2011, la legge Fornero aveva stravolto il panorama pensionistico italiano cercando di rendere sostenibile il sistema contributivo. Si passava dal diritto alla pensione di anzianità per i dipendenti con almeno 61 anni di età e 35 di contributi oppure con 60 e 36. Mentre per gli autonomi doveva essere più alta di un anno. Il pensionamento di vecchiaia era previsto a 65 anni d’età ovvero con 40 anni di contributi. La legge Fornero sconvolgeva questi parametri portando l’età per la vecchiaia a 67 anni e l’anticipata (anzianità) a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne. Inoltre, i valori erano legati alla speranza di vita che ne innalzava i valori senza fare distinzioni tra le varie mansioni svolte. è per questo che la politica ha dovuto e voluto intervenire per ridurre l’impatto di queste norme con numerosi strumenti, tra cui ape sociale, opzione donna, quota 100, quota 102 e quota 103.
Il governo Meloni non poteva astenersi da questa tradizione e, di fatto, ancora una volta, un governo italiano modifica i requisiti per andare in pensione. Tuttavia, differentemente da quanto promesso in campagna elettorale, le intenzioni della destra sono di aumentare l'età pensionabile arrivando a quota 104, 63 anni d’età e 41 di contributi. Non solo, all’aumento dell’età per andare in pensione anticipata si affiancherà anche un disincentivo al pensionamento anticipato, per chi dovesse andare in pensione con quota 104, la pensione sarà decurtata fino ai 67 anni.
Aggiunta dell'ultima ora: Pare che alla fine si resterà a quota 103, una mezza vittoria per la Lega e Forza Italia e una sconfitta per Meloni-Giorgetti, ma da qui a fermare la Fornero sono tutti molto lontani.
Ricordate APE sociale e opzione donna? Introdotti per limitare lo shock della legge Fornero, il governo avrebbe intenzione di eliminarli e farli confluire in un “Fondo per la flessibilità in uscita”. Ma, con dei cambi sui requisiti di accesso. APE sociale garantiva un’indennità ai lavoratori con almeno 63 anni e 30 anni di contributi, fino al raggiungimento dei requisiti minimi per accedere alle forme ordinarie di pensionamento e opzione donna permetteva alle lavoratrici con almeno 35 anni di contributi di ottenere la pensione di anzianità con soglie più favorevoli, la minima era 60 anni. Invece, questo nuovo fondo consentirà di andare in pensione a 63 anni con 36 anni di contributi per, citando Meloni: “caregiver, disoccupati, lavori gravosi, disabili” e 35 anni di contributi, ma sempre con 63 anni d’età, per chi prima rientrava in opzione donna. Insomma, il pensionamento anticipato, dovessero essere confermate queste norme, sarebbe parecchio più complicato, in barba a tutte le promesse elettorali fatte.
Con i se e con i ma
I se, i ma e i condizionali sono però d'obbligo. Mentre scrivevo questa newsletter è infatti esploso il classico giro di bozze dei vari ministeri che stravolgono la legge di bilancio minuto dopo minuto per poi essere smentiti.
Per esempio, il taglio del cuneo fiscale presentato con due aliquote fisse per qualche giorno è sembrato poter diventare un taglio decrescente a 5 fasce, 7 punti percentuali fino a 15mila di retribuzione; 6% tra 15mila e 28mila; 5% tra 28 e 30mila; 4% tra 30mila e 32mila; 3% tra 32 mila e 35 mila, con l’obiettivo di ridurre l’effetto scalone alla soglia dei 35mila euro. La decisione sembrava ormai presa, il consiglio dei ministri aveva persino modificato il comunicato stampa con cui aveva presentato la legge elettorale aggiungendo questa modifica e poi non se n’è fatto più nulla. Si è tornati alle due aliquote fisse e all’effetto scalone ai 35mila euro.
La legge di bilancio di Schrödinger è diventata lo strumento perfetto per sfogare i mal di pancia in maggioranza, con la Lega e Forza Italia che hanno iniziato a bacchettare, criticare e rimandare al mittente tutte le bozze che uscivano giorno per giorno, utili a fare bella figura con l’elettorato a cui questa legge di bilancio pare proprio non piacere.
E col cerino in mano sono rimasti proprio Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, la prima da Bruxelles diceva di non avere problemi: “Non ho problemi né con Salvini né con Tajani né con Mediaset” mentre a Roma continuavano i messaggini passivo-aggressivi su pensioni e aumento della cedolare secca da parte dei compagni di governo. Il secondo, quasi come un separato in casa, è il vice-segretario del partito che andava a protestare sotto casa della ex ministra Elsa Fornero, ed è oggi criticato da Fornero stessa per essere stato più duro di lei sul capitolo pensioni.
E quindi la legge di bilancio andrà avanti così, era stata presentata come “blindata” e “chiusa” dal duo Meloni-Giorgetti nell’ennesimo tentativo di accentrare potere e ignorare il parlamento. Alla fine, il parlamento avrà sempre un ruolo marginale, ma nella contrattazione e nei cambiamenti perpetui dei giorni scorsi, c’è il promemoria che alla fine, nella nostra repubblica, a rappresentarci sono i parlamentari e i partiti, e che in un paese pluralista, diverso e unico come l’Italia non può che andare così. Intanto, i salari sono più bassi rispetto al 2009, unico paese in Unione Europea e dovremmo chiederci perché, con questa vera e propria emergenza, la destra italiana sia così presa da questi giochini di potere e da riforme demodè, come quella sul cuneo fiscale? Purtroppo, con una destra così ideologica, dalle ricette vecchie e bisticciona non potremo mai aspettarci un atto di realismo, che sia un salario minimo, che vada davvero ad aiutare gli italiani, ad alzargli gli stipendi e migliorare le condizione di vita. Dopo un anno lo abbiamo capito: loro dalla parte degli italiani non ci stanno.
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