Cosa ci facevano i trattori a Milano?
Giovedì 1° febbraio a Milano davanti al Pirellone, i trattori hanno preso il posto delle abituali auto e moto, culmine di una serie di proteste degli agricoltori in Italia. Questa manifestazione, parte di un movimento più ampio che attraversa l'intera Europa, mette in luce le profonde insoddisfazioni e le sfide che il settore agricolo sta affrontando in Italia e oltre.
Le ragioni delle proteste in Italia
Le proteste degli agricoltori in giro per l’Europa dell’ultimo periodo hanno obiettivi diversi che variano da nazione a nazione. In generale, le proteste si fondano su una critica alla Politica Agricola Comunitaria (PAC) che gli agricoltori giudicano come una forma di “ambientalismo estremista” per via delle norme sulla salvaguardia ambientale, le quali secondo le varie associazioni di agricoltori vanno a scapito della produzione agricola e dei consumatori.
Tra le norme più contestate dai vari gruppi degli agricoltori in Italia c’è l’obbligo di lasciare incolto il 4% dei campi per stimolare la biodiversità dei terreni, una norma contestata anche dagli agricoltori europei che però non è mai davvero entrata in vigore. Prima, è stata derogata per contrastare gli effetti negativi della crisi energetica e ora potrebbe nuovamente essere nuovamente derogata ascoltando le richieste degli agricoltori in seguito alle proteste che hanno messo a soqquadro Bruxelles e la sua zona delle istituzioni europee.
Tra le altre richieste degli agricoltori italiani ce ne sono alcune che si slegano dal contesto europeo come per esempio: il mantenimento di agevolazioni fiscali quali l’esenzione IRPEF per i redditi agricoli una questione italiana in seguito che il governo Meloni l’ha rimossa, e ci sono anche richieste vaghe e meno fattibili: la riduzione o rimozione dell’IVA su alcuni prodotti alimentari oggi già tassati al 4 o 5%, la lotta ai cibi sintetici, misure per il contenimento della fauna selvatica e che lo stato risponda ai danni che questa causa e infine misure che diminuiscono la concorrenza con prodotti agricoli di altri stati europei.
In alcuni casi gli agricoltori italiani hanno anche fatto loro richieste di agricoltori di altre nazioni europee che però hanno poco a che fare con il panorama italiano: in Francia e Germania si protesta per la cancellazione delle agevolazioni fiscali per l’acquisto del gasolio per usi agricoli (il costo del carburante era anche uno dei motivi per cui i Gilet Jaunes scesero in piazza), in Italia nessuno ha proposto di rimuovere le tassazioni agevolate per il gasolio agricolo, ma ciononostante gli agricoltori italiani hanno fatto loro anche questa protesta.
Cosa diavolo è la PAC?
È una delle politiche chiave dell'Unione Europea, istituita nel 1962 con l'obiettivo di modernizzare l'agricoltura dopo la Seconda Guerra Mondiale, garantendo un livello di vita equo agli agricoltori e fornendo ai consumatori cibo a prezzi accessibili. La PAC rappresenta uno degli ambiti di spesa più significativi del bilancio dell'UE occupando circa il 35%. La PAC è stata soggetta a molte riforme nel corso degli anni per rispondere a sfide emergenti come la sostenibilità ambientale, i cambiamenti climatici, la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale. Queste riforme hanno gradualmente spostato il focus dalla regolamentazione dei mercati e dal sostegno diretto ai prezzi, verso il sostegno diretto ai redditi degli agricoltori e il finanziamento di misure per lo sviluppo rurale, la sostenibilità ambientale e l'innovazione nel settore agricolo.
Sono proprio queste ultime misure ad aver scatenato le proteste e quelle su cui si contratta maggiormente. Nell’ultima PAC oltre alla norma sul 4% dei campi incolti sembrava ci sarebbero state anche una sulla riduzione dell’uso di fitofarmaci (tra le altre cose: insetticidi e repellenti) e una che puntava a parificare le emissioni inquinanti degli allevamenti intensivi a quelle delle fabbriche. Entrambe queste misure sono state cestinate durante le negoziazioni, parte di questa lunga serie di vittorie politiche degli agricoltori europei.
Una spiegazione più profonda?
La protesta degli agricoltori a Milano è finita col coincidere con i giorni in cui la nostra città è stata tra le più inquinate al mondo in una di quelle coincidenze che ci aiutano ad allargare lo sguardo su quello che succede. La pianura padana è uno dei luoghi con l'aria più inquinata d'Europa e al mondo, secondo varie stime nel 2020 delle all'incirca 50.000 morti premature collegate alla qualità dell'aria la maggior parte si sono verificate a Milano a causa dell'inquinamento provocato da industria, traffico d'auto, allevamenti intensivi di maiali e pollame e i rifiuti da questi prodotti.
Ma cosa c'entrano gli agricoltori direte voi? Molto semplicemente, quella che sembra una protesta reazionaria nata in contrasto alle misure ambientali contenute nella PAC ci racconta uno scenario più complesso, quello di un sistema agro-industriale ormai totalmente rotto e concausa di uno dei più grandi e sottaciuti disastri ambientali attualmente in corso. Un sistema che si basa tutto su produzione intensiva, nessun controllo dei prezzi e una fortissima concorrenza con la grande distribuzione che rende insostenibili economicamente le piccole e medie aziende agricole se non con l'aiuto dei sussidi nella PAC. Il tutto avendo in mente un modello di sviluppo intensivo in una pianura Padana sempre più in crisi idrica. Una volta allargato lo sguardo viene difficile criticare le richieste di aiuto del mondo agricolo. Al contempo, pare evidente che, per fare in modo che nulla cambi, tutto debba cambiare a cominciare dal modello di sviluppo e colture.
Una soluzione che ad ora pare lontana anni luce, soprattutto finché ad essere i primi interlocutori di un settore in crisi saranno ministri come Lollobrigida la cui principale preoccupazione nei giorni scorsi è stata evitare la spaccatura tra agricoltori e Coldiretti e cercare un nuovo-vecchio equilibrio economico e ambientale precario. Troppo poco ora che anche gli agricoltori considerano questa vecchia normalità insostenibile.
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