Cosa ci succede quando viviamo un clima estremo, lettera 7
Questa è stata l’ennesima estate record: ondate di caldo sempre più lunghe e intense, improvvise piogge torrenziali e città del sud Italia a fuoco sono state le prove tangibili dell’aumento del riscaldamento globale
In questa newsletter vorrei parlare di cosa ci è successo in un'estate così estrema e provante per il clima e che continua ancora oggi, pensiamo al ciclone di ieri in Libia che ha causato migliaia di morti o all'ennesima ondata di calore che stiamo vivendo in questi giorni.
Da dove nascono i pericoli?
Ci sono 38 gradi, fa caldo, ma dobbiamo vivere la nostra vita di tutti i giorni. Quello che negli altri giorni dell’anno ci viene normale oggi sembra impossibile. Quante volte ci è successo questa estate? Semplicemente troppe o per dirla meglio: mai così spesso. Perché l’estate che sta finendo è stata la più calda da quando l’uomo raccolga dati sul clima e, molto probabilmente, da quando esiste l’essere umano. Il caldo che queste ondate di calore ci hanno portato a vivere ci ha fatto provare in prima persona i disagi che si vivono in un clima estremo. Ondate di calore più calde e più lunghe significano maggiori difficoltà per i nostri corpi e la causa è principalmente una: la difficoltà nel raffreddare il nostro corpo, è da qui che nasce il nostro disagio.
Per spiegare le difficoltà del raffreddamento dobbiamo prima parlare della temperatura del bulbo umido. Ovvero, il punto di equilibrio tra temperatura e umidità oltre il quale il nostro corpo non riesce più ad abbassare la sua temperatura. Ciò avviene quando l’aria circostante è troppo calda e umida e non si riesce più a espellere acqua, quindi sudore, a sufficienza per raffreddarsi.
In alcuni casi questa incapacità di raffreddarsi porta al malfunzionamento degli organi interni e può essere letale. È per questo che oggi sappiamo che ogni ondata di calore porta con sé un eccesso di mortalità. Purtroppo a essere colpite maggiormente sono in particolare le persone più fragili, ma anche quelle in salute che, esposte per troppo tempo a temperature superiori a quelle del bulbo umido, corrono dei seri rischi.
Stress, stress, stress
Dicevamo, fa caldo, il nostro corpo non si raffredda e noi dobbiamo far finta che tutto sia ok e continuare la vita di tutti giorni. Il nostro corpo però non può far finta di nulla.
È qui che ci torna utile il concetto di bulbo umido: vivere durante le ondate di calore causa in noi un stress psicologico maggiore proprio per l’uso maggiore di energia per raffreddare il nostro corpo che, utilizzando più risorse fisiche e mentali, ha sempre più difficoltà a gestire irritazioni e dolore. Per questo vivere la quotidianità diventa difficile, i tempi si rallentano e siamo così suscettibili.
Le ricerche scientifiche che approfondiscono la relazione tra stress e ondate di calore sembrano dare evidenza a queste teorie. Uno studio pubblicato su JAMA Psychiatry ha analizzato oltre 2 milioni di cartelle cliniche negli Stati Uniti tra il 2010 e il 2019. I risultati hanno mostrato che nelle giornate più calde dell'estate si registrano circa l'8% in più di accessi al pronto soccorso per motivi di salute mentale rispetto alle giornate più fresche; aumentano, in particolare, i casi di autolesionismo, dipendenze, ansia, disturbi dell'umore e della schizofrenia.
Un sondaggio su quasi 2 milioni di americani ha rilevato che con temperature sopra i 30 gradi centigradi si prova più stress, stanchezza, rabbia e diminuzione di gioia e felicità.
Anziani, bambini, persone con patologie croniche e senzatetto sono le categorie più a rischio. Sarà necessario individuare le situazioni di fragilità nelle nostre comunità e offrire assistenza e supporto e conseguentemente sviluppare piani di emergenza per le ondate di calore.
Le ragioni dell'eco-ansia
Lo stress e la stanchezza sono però “solo” la superficie dei disagi che viviamo. Questa estate è diventato virale il video di Giorgia Vasaperna una 27enne siciliana che al Giffoni Film Festival, durante un incontro con il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, ha preso parola per esprimere la sua disperazione e il senso di impotenza che lei e molti suoi coetanei vivono: «Ministro io soffro di eco-ansia. In questi giorni la mia terra brucia. Sta bruciando tutto».
Il ministro ha risposto con: “Io ho la forza del dubbio” e con la voce spezzata continua: “ho il dovere da ministro, di impegnarmi per salvare il vostro futuro e quello dei miei nipoti.”
Uno scambio che rappresenta piuttosto bene la differenza generazionale sulla questione climatica. Da una parte un’ansia che diventa coraggio, voglia di esporsi in pubblico pur di condividere il proprio dolore e ottenere un risultato utile a scongiurare la catastrofe. Dall’altra delle lacrime di coccodrillo e un atteggiamento più paternalistico che politico. L’Italia è indietro rispetto agli obiettivi verdi Europei del 2030 e per raggiungerli dovrebbe immediatamente iniziare a ridurre le emissioni del 30% in meno rispetto al 2021, stando a un documento del ministero dell’energia.
Il sentimento di Giorgia Vasaperna e la sensazione della Gen Z per cui i governi non stiano facendo abbastanza in ambito climatico sono anche al centro di una ricerca in prestampa (ovvero che ancora non ha completato l'iter di revisione scientifica) della rivista Lancet. Sono stati intervistati 10000 ragazzi e ragazze tra i 16 e i 25 anni provenienti da nazioni diverse e le domande si concentrano sulla fiducia della Gen Z nei loro governi e su come si sentono a vivere in un mondo sempre più caldo.
Tra i dati più interessanti della ricerca credo che due siano piuttosto esemplificativi: solo il 31% degli intervistati si fida del proprio governo e solo il 33% crede che il suo governo stia facendo abbastanza.
Insomma, che i ragazzi si sentano impotenti di fronte all'inerzia della politica e frustrati dagli atteggiamenti negazionisti è un fatto. Ma, al contempo, la gen z sta dimostrando un coraggio e una combattività encomiabili, forse perché loro hanno davvero capito più di tutti la posta in gioco.
La posta in gioco
L'estate è una stagione ormai talmente provante che alcuni scienziati hanno proposto di chiamare l’estate la “danger season” per via dei pericoli che pone all’essere umano e i disastri naturali che si concentrano in questo periodo dell’anno. Se pensiamo a quest’anno tra nubifragi nelle grandi città, turisti in grecia sfollati a causa degli incendi e il cielo di New York arancione a causa dei maxi incendi in Canada abbiamo visto o vissuto una quantità senza precedenti di episodi climatici estremi che ogni anno diventano più comuni, più estremi, più assurdi. A tal punto da sviluppare una vera e propria estetica del disastro climatico, vi invito a vedere questa raccolta di foto del Guardian, dopo quante foto vi vengono i brividi?
In un video di ormai 8 anni fa chiamato "Nature is speaking", pubblicato sul canale del Conservation International, madre natura, la cui voce è quella di Julia Roberts, si immagina un monologo di madre natura nei confronti dell'essere umano. Il video in pochi secondi riesce a regalarci una nuova prospettiva con cui guardare al riscaldamento globale.
“Alcuni mi chiamano natura, altri madre natura. Sono stata qui per 4,5 miliardi di anni 22500 volte più a lungo di voi. Non ho bisogno delle persone, ma le persone hanno bisogno di me.”
Insomma, la terra è un ecosistema che esiste da prima dell’uomo ed esisterà dopo di lui, a rischio di estinzione non è la terra, ma l’essere umano. Forse più semplice di così non si può spiegare, forse così anche il ministro Pichetto Fratin, potrebbe lasciar perdere il dubbio - che poi quale sarebbe il dubbio a cui fa riferimento? Mette in dubbio le posizioni negazioniste di Salvini o il consenso scientifico che dice che il cambiamento climatico attuale è di natura umana? - e approfittare del suo ruolo da ministro per rendere l’Italia un paese sostenibile.
C’è un ultimo messaggio che il video riesce a spiegare benissimo:
“Come decidete di vivere ogni giorno non mi riguarda davvero in un modo o nell’altro le vostre azioni a determineranno il vostro futuro, non il mio.”
Credo che solo con questo punto di vista, per quanto drammatico e per certi versi cinico, possiamo capire il nostro ruolo e la posta in palio e che siamo noi a fare la differenza.
Che fare? 5 atteggiamenti positivi per l’individuo
Questo paragrafo è stato consigliato da Andrea Grieco divulgatore, stratega e attivista su tematiche di sostenibilità ambientale e umana. Seguitelo sui social, il suo account Instagram è @andrea.grieco
Nonostante tutto, avere un atteggiamento positivo aiuta ad affrontare gli effetti della crisi climatica su di noi e sull’ecosistema nel quale viviamo. Ecco cinque consigli pratici che possiamo integrare nella vita di tutti i giorni.
- Informati e leggi di sostenibilità e cambiamento climatico: la conoscenza è il primo strumento che abbiamo per capire il problema, il nostro ruolo e razionalizzare per reagire;
- Crea community: cerca il gruppo di attivistə più vicino a te, non essere da soli ci aiuta ad affrontare l’eco-ansia e ad aumentare l’impatto della nostra voce;
- Chiedi delle misure e dei provvedimenti: attivare il cambiamento significa anche chiedere alla nostra università, azienda, comune di prendere provvedimenti concreti contro il cambiamento climatico. Chiediamo ai nostri comuni nuove aree verdi, parchi, giardini dove trascorrere tempo all'ombra di alberi.
- Predisponiti all’ascolto: anche verso chi nega il cambiamento climatico o non ne conosce appieno gli effetti;
- Ricollegati al vivente non umano: Noi siamo conduttori. Questa premessa ci serve. Siamo fatti di acqua, minerali: entrambi eccellenti conduttori elettronici. Sulla Terra gli elettroni liberi pulsano in continuazione e sono alimentati da fenomeni naturali (radiazioni solari, migliaia di scariche elettriche, l'energia generata dal nocciolo interno del pianeta). Quando c'è un contatto diretto tra noi e la terra, questi elettroni si spostano e ci penetrano. Con la Terra condividiamo dunque un aspetto importante: siamo entrambi elettrici, ovvero elettricamente carichi. L'Earthing consiste nel camminare a piedi scalzi sulla terra per tornare alle origini dell'essere umano. Si ipotizza che praticarlo regolarmente contribuisca a promuovere il benessere.
Che libro sto leggendo?
La mia lettura di questi giorni è questo saggio molto brillante che parte da una semplice domanda: Cosa succederebbe se smettessimo di guardare al mondo animale e alla natura dal piedistallo che ci siamo creati? Un punto di vista fresco e che ci aiuta a ridimensionarci e rivedere il nostro rapporto con la natura, insomma consigliatissimo e attualissimo!
"Attraverso questo saggio impareremo che tutti gli animali possiedono una coscienza, capiscono qualcosa del passaggio del tempo e fanno piani per il futuro, intuiscono qualcosa della morte, imparano come funziona il mondo accumulando informazioni associative, possono essere menzogneri (pensiamo ad esempio alla “finta dell’ala spezzata” del corriere canoro o al “inganno tattico” della seppia luttuosa), hanno intenzioni e obiettivi. Gli animali hanno persino norme che guidano il loro comportamento sociale, dando loro idee su quello che è giusto e su come loro (e gli altri) meritano di essere trattati. Insomma, ci arrenderemo al fatto che gli animali hanno piccole menti piene di qualità che vale la pena prendere in considerazione e che la nostra mente non è il principio e la fine di ogni meraviglia!"
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